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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2014 alle ore 06:55.
L'ultima modifica è del 29 agosto 2014 alle ore 07:10.

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Vittoria per Telefonica e sconfitta per Telecom Italia? O vittoria per Telecom Italia, che pur sconfitta sul campo ha giocato la sua partita con dignità e buona fede? L'ironia sarebbe facile, ma chi abbia vinto o perso in fondo poco importa.
Per un'azienda come Telecom, che da anni gioca ai margini del mercato mondiale e che da almeno 6 anni è prigioniera non solo dei suoi debiti, oltre 27 miliardi, ma anche di un socio industriale assente e di un assetto societario che l'ha paralizzata nelle grandi decisioni strategiche, l'esito dello scontro con Telefonica è quasi una ventata di vita, il risveglio da un torpore mortale da cui nessuno intravedeva un'uscita.

O almeno questa è oggi la speranza, tanto per il management di Telecom Italia quanto per i suoi dipendenti, gli azionisti e quella parte di Paese - famiglie e imprese - che spera un giorno di poter usufruire di una rete di telecomunicazioni se non di nuovissima generazione, almeno al passo con i tempi. Ecco, se una considerazione critica delle vicende Telecom è possibile fin d'ora, è certamente questa: per non diventare una pesante sconfitta, una vera Caporetto industriale e di immagine, il management e i grandi soci italiani di Telecom - Mediobanca, Generali e Intesa - dovranno creare al più presto un'alternativa industriale valida non solo a livello internazionale, dove le grandi compagnie europee e americane si stanno già muovendo da tempo, ma soprattutto a livello nazionale, dove la crisi del mercato dei media e delle telecomunicazioni ha paralizzato imprese e investimenti. Ora che si è persa l'ultima chance di un'integrazione tra Telecom e Telefonica di Spagna, o quella di un'alleanza strategica tra la francese Vivendi e Telecom Italia, è diventato persino superfluo il dibattito sulla proprietà della rete: se la convergenza tra reti e contenuti è la strada maestra, come avviene all'estero e come sta dimostrando Telefonica con le sue mosse, allora il problema di Telecom diventa il problema di Mediaset, cioè il problema di un'intera industria nazionale delle comunicazioni che marcia ancora su binari separati. Non si tratta di fantasia, anzi: nei negoziati tra Vivendi e Telecom, finchè sono durati, Mediaset ha sempre avuto un ruolo e una rappresentanza, anche se non ufficiale.

E mentre si discuteva del Brasile, si discuteva anche il ruolo e la partecipazione del gruppo televisivo della famiglia Berlusconi a un progetto industriale e finanziario nazionale che per anni è stato considerato un tabù, o riservato solo agli stranieri. Che cosa succederà adesso? L'ipotesi di una combinazione Telecom-Mediaset finirà nuovamente in cantina? Secondo i comunicati ufficiali, Telefonica, oggi azionista di maggioranza con quasi il 10% dei titoli Telecom, girerà le proprie quote nell'operatore italiano alla Vivendi di Vincent Bollorè, il finanziere bretone le cui attività in Italia sono ben concentrate nella finanza che conta, Mediobanca e Generali: si può ipotizzare che le parti ora si incrocino? E ancora: con la quota dell'8-10% che apparteneva a Telefonica, Bollorè diventerà il nuovo ago della bilancia nelle scelte strategiche di Telecom, magari entrando in una nuova holding del tipo Telco2 (vedi caso Alitalia), o si terrà in disparte comportandosi da semplice investitore finanziario di lungo termine? Bollorè ha già fatto sapere al management di Telecom Italia che è sua intenzione non interferire con le strategie e che il suo sarà un investimento di lungo termine, come un fondo pensione: c'è da credergli?

Il finanziere è noto come un uomo d'onore, ma è bene ricordare che davanti ai contanti di Telefonica ha fatto molto presto a scaricare Telecom e le speranze dei suoi manager, gli stessi con cui fino a due giorni fa ha lavorato fianco a fianco con l'impegno di fermare gli spagnoli. Anche per un uomo d'onore, evidentemente, gli affari sono affari. Quindi, per il management di Telecom come per Mediobanca, sarebbe bene non farsi troppe illusioni sulla neutralità del socio francese prossimo venturo. I vertici di Telecom ribattono che a Bollorè non daranno mai un posto in consiglio, ma anche qui è bene ricordare che Bollorè ha muscoli finanziari ben più forti di quelli dei Fossati, soci forti ma senza presa sulla gestione, e che sarà molto difficile tenerlo alla finestra di una compagnia che ha come azionisti di riferimento società di cui lo stesso Bollorè è azionista importante, Mediobanca e Generali.

Insomma, molto di quanto accadrà di qui ai prossimi 12-18 mesi dipenderà ora da Bollorè e dalla sua rete di amicizie e di alleanze: continuarlo a definire come una sorta di Cavaliere Bianco, sarebbe per Telecom Italia ingenuo se non pericoloso. Detto questo, non si può escludere che potrebbe essere lo stesso Bollorè a vedere con favore un grande accordo Telecom-Mediaset in Italia, anche se a quel punto si porrebbe però il problema della proprietà pubblica o semi-pubblica della rete: una concentrazione di quella portata dovrebbe necessariamente essere accompagnata da una maggiore tutela della concorrenza e dell'interesse pubblico. Vedremo che cosa succederà.

Per quanto riguarda lo specifico di Telecom Italia, lo scenario futuro è tutto da scrivere. Il management è ben determinato a mantenere la rotta del piano industriale, ma anche questa appare come una dichiarazione di circostanza. Quel piano è stato scritto quando Telefonica era ancora il promesso sposo: quale valore può avere domani non è chiaro affatto. Telefonica, con l'acquisto di Gvt, diventa non solo il grande player europeo sul mercato delle tlc brasiliane, la cui crescita è straordinariamente forte a livello mondiale, ma anche il peggior nemico di Telecom Italia in casa e all'estero: il blitz degli italiani per soffiargli Gvt e la fetta più promettente del mercato brasiliano gli è costato almeno un miliardo di euro in più del previsto. Difficile da perdonare, soprattutto perché si aggiunge al flop della mancata integrazione in Italia e della guerra sotterranea che si è cpombattuta tra le due squadre di management. Ma è il Brasile quello che conta, e per Telecom Italia l'orizzonte si è fatto scuro. Non è un caso, infatti, se proprio negli ultimi giorni della battaglia su Gvt l'operatore delle tlc brasiliane Oi abbia annunciato di aver aperto una cordata - di cui farebbe parte anche Telefonica - per lanciare un'Opa su Tim Brasil, la controllata più redditizia di Telecom Italia.

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